19.1.14

Non era la mancanza delle preferenze il problema del Porcellum.


Renzi e Berlusconi hanno una intesa di massima sulla riforma della legge elettorale (e non solo, ma questo è un altro discorso). La proposta definitiva la conosceremo domani, ma intanto trapelano le indiscrezioni e ferve il dibattito, in rete e non solo.
Una delle cose di cui si dibatte moltissimo è che nella nuova legge elettorale non ci sarebbero le preferenze. Renzi e Berlusconi si sarebbero accordati su una legge proporzionale che preveda, nei vari collegi, la presentazione di listini bloccati, formati da 3, 4 o 5 nomi.
Apriti cielo. Insorgono i difensori della democrazia, propinando un insolito, e per me strampalato, assioma: non c'è democrazia senza le preferenze.
Ora, pur non essendo anzianissimo, ricordo perfettamente il dibattito degli ultimi 20 anni e più sulla legge elettorale e, devo dire la verità, questa verità mi era finora sfuggita.
Anzi, io ero convinto proprio del contrario. Nel 1991, io non votavo ancora, ricordo che oltre il 95% dei votanti (più di 26 milioni di voti!) abrogarono la preferenza multipla con la quale allora si eleggevano i rappresentanti della Camera dei Deputati. Un plebiscito. Quel referendum, è bene ricordarlo, arrivò alla fine di un percorso che Mario Segni cominciò nel 1988, con il manifesto dei 30 e fu l'arma vincente di un vasto movimento di opinione che vedeva proprio nelle preferenze uno dei maggiori problemi della democrazia (Non vogliamo più essere truffati, tuonava il costituzionalista Barile dalle pagine di Repubblica, spiegando tutto il marcio del sistema a preferenze multiple).
La stagione referendaria continuò e nel 1993 quasi 29 milioni di italiani (l'82,7% dei votanti) eliminarono il sistema proporzionale del Senato, introducendo di fatto il maggioritario. Qualche mese dopo fu introdotto per legge il mattarellum con il quale abbiamo votato fino all'introduzione dello sciagurato porcellum.
Già, sciagurato porcellum. Ma perché sciagurato? Non certo perché mancava la previsione del voto di preferenza. All'indomani del voto del 2006 scrissi un articolo per Mezzogiorno europa nel quale spiegavo che Berlusconi, con il porcellum, aveva di fatto cancellato la politica dei territori, portando il confronto unicamente al livello nazionale. Con quella legge, con le liste bloccate lunghissime, di fatto si rendeva inutile la campagna elettorale a livello locale, con conseguente scollamento totale della classe dirigente eletta (la gran parte della quale veniva nominata, essendo sicura dell'elezione qualunque fosse il risultato delle elezioni) dagli elettori. Gli eletti, così, non avevano più alcun legame con i territori, nessuno a cui rispondere, il che favoriva fenomeni di asservimento ai tre o quattro leader nazionali da un lato e, dall'altro, rendeva impossibile esercitare il controllo democratico da parte della popolazione, per il semplice fatto che, in circoscrizioni così grandi, non si sapeva chi aveva eletto chi. 
Ed è proprio questo il motivo per cui la Corte Costituzionale ha ritenuto il porcellum lesivo della libertà di voto.
Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali).
Dunque, lo dice la Corte Costituzionale, un listino bloccato corto garantirebbe il rispetto della libertà di voto e sarebbe pienamente legittimo, così come pienamente legittimo era il mattarellum, basato sui collegi uninominali.
Sgombrato il campo, dunque, dalla regola inventata per la quale "preferenze = democrazia" vorrei brevemente elencare tutte le cose che mi fanno venire in mente le preferenze.

Gava
Scotti
Cirino Pomicino
e poi lui
Mister Centomila preferenze Alfredo Vito
Bettino Craxi che invita gli elettori ad andare al mare al referendum del 1991 ed il PDS che come un sol uomo (e non è accaduto spesso) si scagliò contro “le clientele e la competizione insensata tra personalità”.
Batman Fiorito, che con i suoi 26.217 voti è stato il consigliere più votato del LazioL'inchiesta dell'espresso, che ci dice che sono 521 (almeno) i consiglieri regionali indagati in tutta Italia (tutti eletti a botte di migliaia di preferenze).
e potrei continuare.

Certo, con il porcellum abbiamo avuto in Parlamento Razzi, Scilipoti, De Gregorio. Per altri versi la Carfagna (la quale però, quando si è presentata alle regionali in Campania ha preso 55.740 preferenze!), ma non riuscirete a convincermi che la guerra delle preferenze vuol dire democrazia.

2 commenti:

  1. già... però il punto preferenze sì/no andrebbe visto connesso con gli obiettivi pragmatici di breve periodo che i partiti hanno: spazio per i piccoli partiti? lotta a M5S ? nuovo governo? qual 'è il tuo punto di vista? grazie

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    1. Per me le preferenze, in questo momento, sono qualcosa che interessa unicamente ai piccoli potenti locali. Non sono un sistema attraverso il quale si seleziona la qualità, anzi. Con la progressiva diminuzione dell'influenza dei grandi partiti sulle loro organizzazioni locali il voto di preferenza è diventato un modo per regolare i conti internamente e costituisce uno "sbarramento" all'ingresso di una nuova classe dirigente, in particolar modo per quello che riguarda le donne. Se il patto PD/Forza Italia sulle riforme regge, la vita del Governo sarà ancora lunga, perché le riforme istituzionali richiedono molto tempo per la loro approvazione.

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