24.11.14

Che ci dice il voto del 23 novembre (se fossi in Salvini non esulterei tanto)


Su ogni altra cosa, il dato dell’astensione.
Io non sono tra quelli che si stracciano le vesti per la scarsa affluenza. Penso che, ad esempio, la democrazia a New York o a Londra non sia in pericolo, anche se a votare per il sindaco ci va meno di un elettore su 3, ma il raffronto con la percentuale di votanti del 2010 deve comunque far riflettere, se non in termini di “allarme”, almeno in termini di rappresentanza.
In Emilia Romagna un milione di elettori non sono andati a votare. In Calabria il calo è stato meno netto.
Premettiamo che parliamo di due regioni in cui si è votato anticipatamente perché i governatori uscenti si sono dimessi per vicende giudiziarie che hanno coinvolto anche i consiglieri, il che sicuramente ha costituito un forte elemento deterrente.
Tuttavia l’affluenza alle elezioni appena tenute (38% in Emilia Romagna e 44% in Calabria) non è tanto distante dal dato delle ultime elezioni regionali in Sardegna (52%), Basilicata (47,2%), Friuli Venezia Giulia (50,5%). Fanno eccezione, ovviamente, le regionali in Piemonte e Lombardia, in cui si è votato lo stesso giorno delle europee 2014 e delle politiche 2013.
Ho notato che le prime reazioni di Salvini, seguite a ruota da alcuni analisti, enfatizzano il dato della Lega.
Io non sono d’accordo.
La coalizione di centrodestra in Emilia Romagna riesce a far peggio del 2010, nonostante i problemi che ha avuto il PD.
Fabbri (della Lega) non arriva nemmeno al 30%. 4 anni fa Anna Maria Bernini aveva preso quasi 7 punti percentuali in più.
A livello di coalizione va ancora peggio, il centrodestra nel 2010 aveva raccolto il 38,3%; nel 2014 si ferma al 29,7%. Anche il numero di consiglieri è inferiore: 15 nel 2010, 11 nel 2014.
Certo, il dato della Lega Nord è cresciuto (19,4% contro 13,7%) ma a completo discapito dell’alleato maggiore: Forza Italia crolla all’8,4% partendo dal 24,6% del PDL nel 2010.
Complessivamente il centrodestra restringe il proprio recinto e tutto sommato il dato appare una sconfitta abbastanza cocente, soprattutto se rapportato al momento di estrema difficoltà del PD.
Credo si possa concludere che nel momento di crisi del PD a livello regionale gli elettori dell’Emilia Romagna non abbiano considerato la Lega ed il centrodestra un’alternativa valida, al punto da preferire di rimanere a casa.
Molto diversamente sono andate le cose in Calabria, dove lo scandalo che ha coinvolto il centrodestra ha premiato il centrosinistra.
Oliverio prende in percentuale il doppio di Loiero (61,3% contro 32,2%). Il centrodestra crolla dal 57,8% al 23,5%. L’astensione c’è, ma meno che in Emilia Romagna. Il PD guadagna l’8% e diventa il primo partito, nonostante la presenza di 8 liste a sostegno del candidato presidente.
In attesa di vedere i flussi elettorali direi che i due schieramenti si trovano davanti a problemi diversi. Il PD deve riuscire a convincere anche in assenza della polarizzazione dovuta alla presenza di un avversario forte (o presunto tale). Il centrodestra, invece, deve profondamente rinnovarsi nella consapevolezza che un candidato della Lega, nonostante il clamore mediatico che Salvini ha saputo suscitare in questi mesi, rimane comunque inviso all’elettorato moderato, che preferisce, al limite, astenersi piuttosto che votarlo.
Discorso a parte sul M5S. Va bene (13%) in Emilia Romagna, maluccio (4,9%) in Calabria.

Nel 2010 in Emilia Romagna c’era stato il primo squillo di trombe, con Favia al 7%. In teoria sarebbe un incremento di tutto rispetto. In pratica, stante la politica della non-alleanza del M5S, risultano voti non spendibili. Il nodo politico da sciogliere per i grillini sta tutto qui.

21.11.14

La propaganda, la valigia (blu) e il pacco.



Ieri mattina il presidente del consiglio ha twittato così


Sul blog Valigia Blu, che seguo sempre, anche se non amo interloquire con loro su twitter a causa del tono un po' da maestrina che spesso e volentieri assumono, è comparso questo post in cui, sostanzialmente, si accusa il presidente del consiglio di aver diffuso un dato falso.
Il ragionamento è che se come punto di partenza si assume un mese diverso da Aprile (quello che ha assunto Renzi) il dato cambia (wow). 
Il post prende a conforto della propria tesi due fonti.
Il sito "pagella politica" che fa il fact checking delle singole affermazioni dei politici e un piccolo trafiletto del Fatto Quotidiano

Si tratta di due fonti molto diverse. Pagella politica fa una disamina abbastanza neutra della dichiarazione di Matteo Renzi anche se si perde nel finale. Infatti leggiamo "Aver preso aprile come punto di partenza, quindi, rende sproporzionato il risultato positivo, dal momento che quel mese ha registrato l'occupazione più bassa del periodo del governo Renzi. La scelta di aprile inoltre, non si giustifica nemmeno da un punto di vista di azione legislativa, visto che il decreto Poletti, primo atto sul lavoro del governo Renzi, è entrato in vigore a fine marzo; eventuali effetti (qualora ce ne fossero stati) sarebbero quindi decorsi già a partire dal mese di aprile." Si tratta di un'affermazione che mi lascia un po' di stucco. Il Decreto Poletti è del 20 marzo. Essendo un decreto legge è entrato in vigore il giorno successivo, il 21 marzo. Ragionando per esclusione, quale sarebbe dovuto essere il mese di partenza giusto? Febbraio lo escluderei, visto che il governo si è insediato alla fine del mese. Marzo anche, visto che il primo provvedimento è stato preso a mese quasi finito. Aprile a quelli di valigia blu e pagella politica non va bene. Forse Maggio? Giugno? La verità è che la scelta di Aprile è la più razionale. E, d'altra parte, vorrei vedere cosa avrebbero detto su Valigia Blu se a Marzo 2014 ci fossero stati 250.000 nuovi posti di lavoro e Renzi se ne fosse assunto il merito. Il trafiletto del Fatto, invece, è pura propaganda. Dice che i nuovi posti sono 70.000 "grazie al calo degli inattivi". Cosa c'entri il calo degli inattivi con i nuovi posti non è dato saperlo. In realtà il calo degli inattivi significa che ci sono alcune persone che non cercavano lavoro che si sono messe a cercarlo. Infatti, al suddetto calo corrisponde un aumento dei disoccupati. Il Fatto continua inserendo i dati sulla cassa integrazione (che a sua volta non c'entra né con gli inattivi, né con i disoccupati, né con i nuovi posti di lavoro), inserisce il dato della disoccupazione senza spiegarlo e condisce il tutto con un dato sulla retribuzione e uno sulla presunta durata dei contratti, asserendo che ci sarebbero stati in un trimestre 400.000 contratti di un solo giorno.

Ho espresso alcune di queste mie remore all'autore del post il quale, con molta cortesia devo dire, mi ha linkato alcuni post, oltre a quelli già citati: uno sul blog "disordine dei sogni" e uno, per me un po' più attendibile, del sole24ore.
Io tenderei ad attenermi ai dati reali ed alle analisi degli esperti, come Meneghello sul Sole.
L'analisi è quella, non c'è propaganda nelle parole di Renzi il quale, tra l'altro, non nasconde in nessuna occasione la gravità della crisi economica ed occupazionale. Riferisce i dati dal mese di Aprile 2014 perché il primo provvedimento sul lavoro è datato 20 marzo 2014 e, ragionevolmente, ogni altro mese sarebbe una scelta assolutamente arbitraria ed illogica.
Quella che, invece, mi pare proprio propaganda è la disamina di Valigia Blu. 
La cosa mi stupisce, perché di solito sono meticolosi e precisi, a costo di sfociare nella prolissità. Nei fatti il post in questione, che vorrebbe essere un momento di verità, finisce per essere assimilabile al trafiletto del Fatto. Non me ne voglia l'autore Andrea Zitelli (che non conosco, che ringrazio ancora per le risposte sul suo blog e con il quale, anzi, mi scuso per aver citato nelle mie risposte i dati provvisori dell'occupazione, poi corretti dall'Istat e inseriti nelle serie storiche), ma post come questo rischiano di generare l'effetto "al lupo al lupo". A furia di dire che non è vero niente di quel che dice il presidente del consiglio, anche quando è vero come in questo caso, non si potrà con autorevolezza smascherare le bugie vere quando ci saranno. Stavolta, insomma, la valigia blu è stata un pacco, speriamo che torni presto valigia.

12.11.14

Da Líder máximo a fidanzatino tradito, la parabola discendente di Massimo D'Alema

Sorride, D'Alema, mentre pronuncia la sua ultima battuta su Renzi e Berlusconi. "Berlusconi si è talmente innamorato di Renzi che lo ha scelto come suo erede", dice.
Del sarcasmo caustico che lo ha reso celebre, negli anni '90, è rimasto, però, solo il tono. Manca completamente la capacità di intellegere la realtà.
Eppure alcune delle cose che Renzi, oggi, sta portando avanti erano state indicate come priorità proprio dall'ex Presidente del Consiglio.
La necessità di portare a compimento le riforme istituzionali in maniera condivisa, innanzitutto. Questione della quale D'Alema fece il proprio cavallo di battaglia durante la sua permanenza a Palazzo Chigi, anche se tutti sappiamo com'è andata a finire.
Qual è la differenza tra il patto del Nazareno e quello della Crostata? Anche allora Berlusconi si era invaghito del suo principale avversario?
Viene il sospetto che D'Alema lo pensi davvero, viste le parole da fidanzatino tradito che usa per descrivere l'attuale fase politica.
In realtà si tratta, molto più probabilmente, di umana gelosia.
Sì, perché l'uomo Massimo D'Alema, lo sappiamo, ha un'altissima considerazione di sé ed aveva in mente di passare alla storia come uno dei padri della patria. Il sogno nel cassetto era quello di diventare Presidente della Repubblica, ma pare proprio che, con Renzi Presidente del Consiglio e segretario del PD, il cassetto sia destinato a rimanere chiuso.
La rabbia, evidente, per la mortificazione delle proprie ambizioni dev'essersi fatta incontrollabile dal momento in cui è cominciato a circolare, per la successione a Napolitano, il nome di Walter Veltroni. Le quotazioni dell'eterno rivale in questo momento non sono altissime, ma è un nome che gira, un'ipotesi comunque plausibile. Per D'Alema ritrovarsi ad essere l'unico vero rottamato della vecchia sinistra dev'essere un dolore insopportabile, forse anche peggiore di quello che ha provato quando, per la carica di Alto rappresentante Ue per la politica estera, gli è stata preferita la giovanissima Federica Mogherini.
Solo così riesco a spiegarmi il motivo per il quale D'Alema scende sul personale, senza individuare ed analizzare i tratti di assoluta novità della attuale fase politica.
Liquidare come un episodio l'exploit elettorale del Partito Democratico e spiegare la possibilità, finalmente, che le riforme vadano in porto ricorrendo alla vulgata della similitudine tra Renzi e Berlusconi, al punto da alludere ad una corrispondenza di amorosi (politici) sensi tra i due, è una caduta di stile che non ci saremmo aspettati. Sentirlo discettare sui pericoli dell'intesa con Berlusconi sulla legge elettorale fa venire in mente il buon vecchio De André, quando diceva che la gente dà buoni consigli se non può dare cattivo esempio e fa emergere la vera paura dell'ex Líder máximo: che il giovane ed inesperto Renzi riesca dove D'Alema ha fallito.

3.10.14

I custodi della sinistra-sinistra a corto di idee e di simboli


Da quando Matteo Renzi è diventato segretario del PD e Presidente del Consiglio c'è una parte di ceto politico e di commentatori (temo molto meno tra gli elettori) che non si dà pace. 
In giro e sui social network mi capita spesso di ascoltare frasi del tipo "stiamo diventando come la destra", "il PD sta al 41% perché ha preso il posto di Forza Italia" e così via. Si sprecano i paragoni con la Democrazia Cristiana, si fa e si dice di tutto per dimostrare che il PD non è un partito di Sinistra. 
Tutto ciò, naturalmente, presuppone che la Sinistra, anzi, la Sinistra-sinistra sia qualcosa di ontologicamente esistente, di trascendentale. Una categoria alla quale alcune idee sono riconducibili, altre no.
Non voglio rispolverare qui vecchie letture (Bobbio), canzoni (Gaber) e poesie (Pasolini) che negli anni sono diventate citazioni irrinunciabili in ogni discussione sul tema e non ho neanche tanta voglia di affrontare il discorso seriamente, ma questa idea che ci siano i "custodi della Sinistra-sinistra" che stanno lì a mettere il visto oppure a negarlo su tutto è diventata una farsa.
Discutere dell'art. 18? 
Di destra. 
Dei precari? 
I precari vanno bene, ma non mettiamo in mezzo l'art. 18.
Ma il PD nel PSE è di sinistra vero? 
(qui nicchiano, ma badano a non darti troppa soddisfazione).
I custodi della Sinistra-sinistra, inoltre sono alla ricerca di leadership. E qui la faccenda diventa addirittura comica. Sì, perché mentre sulle idee ormai sembrano essersi messi tutti d'accordo (più spesa pubblica, magari una bella patrimoniale, comunque altre tasse) sulla leadership sono un po' allo sbando.
Tendono a prendere quel che c'è in giro. Che si chiami Piero Pelù, Fedez, Crozza o Della Valle, basta che dica quattro cose contro Renzi. L'outsourcing della leadership alla Grecia (vedi Tsipras) non pare aver dato i suoi frutti e, anzi, ha addirittura fatto finire sulla graticola, per becere questioni di soldi e poltrone, due custodi della Sinistra-sinistra come Maltese e Spinelli.
Io sono convinto che di una voce autorevole a Sinistra-sinistra ci sia bisogno, ma credo che dovrebbero concentrarsi più sulle idee e meno sul Masaniello di turno.





30.9.14

Il metodo Mineo


Oggi Pierluigi Bersani, in un duro intervento in Direzione Nazionale ha detto che contro chi non la pensa come il segretario non si deve usare il metodo Boffo.
Il riferimento, lo sappiamo tutti, è al dossier (poi rivelatosi fasullo) riferito all'ex Direttore dell'Avvenire sul quale i giornali di centrodestra montarono un caso che portò Boffo alle dimissioni.

Ma Renzi utilizza questi metodi nello scontro politico?
Io direi proprio di no. Ha una tendenza marcata alla polarizzazione, a rappresentare il bene contro il male, il nuovo contro il vecchio etc. Ma non ho mai sentito Matteo Renzi, né uno dei "renziani", alludere a dossier o notizie false.

Qualcuno, invece, a questa cosa del metodo Boffo ci ha creduto. Parlo di Corradino Mineo.
Dopo essere salito agli onori della cronaca per aver dato dell'autistico a Matteo Renzi (che giustamente l'ha costretto a scuse pubbliche nei confronti di chi soffre per quella malattia), l'ex direttore di Rai News ha forse cambiato stile?
Appena Bersani pronuncia Boffo, Mineo ha un sussulto:


non si toglie la dignità a chi la pensa diversamente, dice.
67 minuti dopo, però, deve avere un ripensamento, perché mentre in TV Pina Picierno esprime il suo punto di vista sulla riforma dell'art. 18, ecco che Mineo se n'esce con questo tweet:




Questo non è il metodo Boffo, è il metodo Mineo. E' un tweet uguale alla frase su Renzi autistico. Stavolta l'insulto, secondo lui, è calibrato meglio. Non c'è, deve aver pensato, una categoria che si possa sentire offesa. E invece, offendendo una parlamentare europea, votata alle recenti elezioni europee con più di 220.000 preferenze, Corradino offende la Direzione del suo Partito che l'ha voluta capolista e anche gli elettori del PD. Offende una comunità enorme di iscritti ed elettori e, naturalmente, offende la sua collega.
Ci rifletta Mineo. Spesso e volentieri riceve insulti sul web e se ne lamenta, ma se cercasse di utilizzare meno il metodo Mineo, forse su twitter ci sarebbe qualche insulto di meno. Uno di sicuro: il suo.

18.5.14

Mini recensione di "Mia figlia spiegata a mia figlia"


Sono fermamente convinto che la mia generazione sia stata costretta a reinventarsi il modo di stare al mondo. Siamo arrivati in una società in cui c'erano alcuni punti fermi inamovibili, in cui il posto di lavoro era fisso (appunto) e i ruoli in famiglia erano saldamente distinti tanto che, diciamolo, nemmeno il '68 era riuscito a scalfire più di tanto quel che "dovevano" fare i papà e le mamme.
A noi, invece, è toccata la crisi che, si sa, costringe, deprime, logora. Ma la crisi, innegabilmente, apre nuove strade. In questo sono fermamente d'accordo con Albert Einstein che diceva:
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato"
(Albert Einstein, Il mondo come lo vedo io, Newton & Compton)

La deve pensare come Einstein anche Dario, o per lo meno si è trovato a dargli ragione, visto che in questo libro (LiberAria editore) ci racconta, in maniera ironica e, a tratti, esilarante, come si è trasformato da cinico giornalista in "Solo Papà", vale a dire papà al 100% con una solida ed innegabile dipendenza dalla figlia.
"Mia figlia spiegata a mia figlia" è scritto molto bene, con uno stile particolare ed originale che quelli che hanno letto "Non siamo mai abbastanza", opera prima di Dario De Marco, hanno già avuto modo di conoscere (e apprezzare). 
Naturalmente, visto l'argomento trattato, il libro risulterà particolarmente interessante per chi, come me, è uscito da non troppo tempo dalla fase dei pannolini e delle ninna nanna, per chi c'è ancora dentro e per chi, magari, sta per entrarci. No, non è una guida alla genitorialità, anzi, se c'è una cosa che Dario non cerca di fare è il guru. Emblematico che ad un certo punto dica "ogni genitore è libero di sbagliare a modo suo, noi sbagliamo così". E' un punto di vista, un'esperienza o, per dirla come lui, la storia di una dipendenza.
Lo consiglio, dunque, e non perché conosco bene l'autore da un sacco di tempo e gli voglio bene, ma perché è una boccata di aria fresca. Al contrario di tutte quelle pubblicazioni che, in tema di paternità e maternità, pretendono di insegnarci qualcosa, Dario De Marco ci viene a dire cos'ha imparato lui e come ha affrontato i luoghi comuni di cui tutti siamo vittime.
Se volete farvi un'idea, vi consiglio di dare uno sguardo al blog Solo Papà, visto che l'idea del libro è nata proprio da lì.

3.5.14

Si gioca o no non devono deciderlo gli ultras


Scrivo mentre guardo lo scempio che sta accadendo in campo all'Olimpico.
Gli scontri che hanno preceduto la partita tra Napoli e Fiorentina sono gravissimi. Si parla di 6 feriti, uno in codice rosso. Si parla di armi da fuoco.
Allo stadio esplodono petardi, si lanciano fumogeni.
Un cittadino normale per andare allo stadio deve fare tessere del tifoso, portare i documenti, attraversare i tornelli. I delinquenti ci arrivano incappucciati, con i fumogeni e le bombe carta, le spranghe, i passamontagna e tutto l'armamentario del capo ultras.
Le ultime notizie dicono che si dovrebbe giocare, ma non è questo il punto.
Il punto è che per tutto l'anno si è tollerato, in tutti gli stadi, che la legge venisse violata sistematicamente da parte di alcuni soggetti. Si tollerano violenze, scontri, cori razzisti. Si lascia che la legge, negli stadi, non valga. Può accadere che gruppi organizzati si fronteggino, che vengano danneggiate cose, che si gridino oscenità immonde.
Stasera forse ci scappa il morto, forse no.
Il problema è annoso e ogni volta si fanno gli stessi discorsi.
Io di una cosa sono sicuro: non si risolve questo tipo di problemi mandando i giocatori a parlare con i capi ultras.
E' sbagliato.
Si legittima qualcuno che, invece, non dovrebbe avere alcuna voce in capitolo.
Qualcuno che è convinto che il calcio gli appartenga.
C'è bisogno di prendere decisioni in un frangente grave?
Benissimo, esiste gente pagata per fare questo, non c'è nessun motivo razionale per interpellare uno che ha una maglietta con su scritto "libertà per gli ultras".
Invece in Italia succede sempre questo. La prima cosa che si fa si manda un calciatore a parlare con gli ultras. E questi sono i risultati.

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